Tacciare il malcontento popolare come semplice ignoranza rischia di minare le basi della democrazia

Foto Roberto Monaldo / LaPresse11-12-2016 RomaPoliticaQuirinale - Paolo Gentiloni è il Presidente del Consiglio incaricatoNella foto Paolo GentiloniPhoto Roberto Monaldo / LaPresse11-12-2016 Rome (Italy)Quirinale palace - Paolo Gentiloni is the the Prime Minister appointedIn the photo Paolo Gentiloni

Negli ultimi giorni, dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre e la bocciatura della riforma proposta dal governo Renzi, un enorme polverone si è sollevato attorno alla nomina a Presidente del Consiglio di Paolo Gentiloni, ex ministro degli esteri del governo dimissionario. Almeno due dei maggiori partiti, infatti, ovvero Movimento 5 Stelle e Lega, sarebbero voluti andare immediatamente alle urne, e il terzo governo in carica non nominato in seguito ad una consultazione elettorale ha ulteriormente acceso gli animi, perché da molti considerato “illegittimo” e “non eletto”.

Per quale motivo accade questo?

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Mokusatsu: il termine che condannò il Giappone nel 1945

Beim Fototermin im Garten von Schloss Cecilienhof :  (von links) der neue britische Premier Clement Richard Attlee, US-PrŠsident Harry Spencer Truman und der sowjetische Staats- und Parteichef Josef W. Stalin; Foto: Fotograf unbekannt, Potsdam, 02.08.1945;

I ‘Big Three’ a Potsdam (da sinistra, Attlee, Truman e Stalin, di cui va notato l’entusiasmo)

Luglio 1945. La Seconda Guerra Mondiale era agli sgoccioli. Berlino era stata occupata da 2 mesi dai carri armati sovietici e la Germania nazista era ormai capitolata. Soltanto il Giappone rimaneva fermo sulle sue posizioni e non voleva darsi per sconfitta di fronte agli Alleati. I leader delle potenze vincitrici si incontrarono tra il 17 luglio e il 2 agosto nel castello di Cecilienhof a Potsdam, in Germania. Erano presenti Clement Attlee per il Regno Unito (Churchill aveva appena perso le elezioni alla camera dei comuni ed era tornato all’opposizione), Harry Truman per gli USA e Joseph Stalin per l’Unione Sovietica, tutti accompagnati dai rispettivi ministri degli esteri (Bevin, Byrnes e Molotov). Lo scopo della Conferenza era la ridiscussione delle frontiere nell’Europa liberata, l’ammontare dei risarcimenti per i danni della guerra, la gestione e il governo del territorio tedesco e la conduzione della guerra del Pacifico ancora in corso. Venne qui deciso il confine tra Germania e Polonia lungo la linea Oder-Neissela divisione della Germania in quattro zone di occupazione, e infine venne lanciato un ultimatum da Truman al Giappone, ricordato come la Dichiarazione di Potsdam (che potete leggere qui sulla pagina di Wikipedia), diffusa il 26 luglio dopo numerose bozze (americani e inglesi non concordavano su molti punti, come il mantenimento della figura dell’imperatore, avversata dai primi e difesa dai secondi, e il conseguente arresto o meno di Hiroshito come responsabile della caduta in disgrazia del Giappone; la versione definitiva non conteneva accenni all’Imperatore né all’interpretazione del ruolo di Hiroshito nell’entrata in guerra).

Le condizioni della resa che venivano imposte dagli stati Alleati erano molto dure. La speranza era che la risposta fosse positiva, che l’ultimatum venisse accettato senza ulteriori spargimenti di sangue e senza la ‘immediata e completa distruzione’ del Giappone preannunciata da Truman nel caso non fosse arrivata la resa incondizionata.

Il premier giapponese Kantaro Suzuki venne a conoscenza dell’ultimatum come gran parte del popolo giapponese, ovvero tramite la dichiarazione via radio e tramite i volantini sganciati via aereo sul territorio. Prima di prendere una decisione difficile e ricca di conseguenze a riguardo decise, assieme ai ministri, di attendere che le condizioni dettate dalla Dichiarazione di Potsdam giungessero alle alte sfere giapponesi per via ufficiale. L’edizione mattutina dell’Asashi Shinbun del 28 luglio 1945 riportò gli umori del gabinetto descrivendoli col termine ‘mokusatsu‘. Successivamente, lo stesso Suzuki, quando ancora non era stata elaborata una risposta formale, incalzato dai reporter utilizzò la stessa terminologia per indicare la posizione presa dai membri del governo nei confronti dell’ultimatum, che egli considerava una mera riproposizione delle proposte avanzate con la Dichiarazione del Cairo del 1943 (già rifiutate).

Ma cosa significa ‘mokusatsu’?

E’ un termine per cui non vi è controparte in inglese, ed è ambiguo anche in giapponese. Ha infatti due significati, solo in parte sovrapponibili: deriva da ‘moku‘, che significa ‘silenzio‘, e ‘satsu‘, che indica ‘uccidere‘, che composte producono ‘uccidere col silenzio’. Il primo dei due significati è ‘considerare con disprezzo; non ritenere degno di attenzione; ignorare‘. Il secondo traduce l’espressione inglese ‘no comment‘, cioè ‘non rilascio commenti‘.  Proprio quest’ultima era l’intenzione di Suzuki: non voleva compromettersi immediatamente con l’esercito, contrario alla resa incondizionata richiesta da Truman, perciò fino all’arrivo di notizie ufficiali non si sarebbe sbilanciato neanche di fronte alla stampa. Purtroppo, i traduttori delle agenzie stampa di mezzo mondo non sapevano cosa Suzuki avesse in mente, e scelsero il significato sbagliato – che il gabinetto di Suzuki avesse cioè deciso di “ignorare con sprezzo” l’ultimatum di Potsdam. Il gabinetto giapponese era comprensibilmente furioso, ma era troppo tardi. Il presidente Truman vide nelle parole di Suzuki l’ennesimo esempio di tracotanza giapponese, e decise di passare ai fatti. Ciò che successe purtroppo lo sappiamo: nel giro di 10 giorni vennero organizzati i primi (e grazie al cielo, per ora gli ultimi) attacchi con arsenale nucleare nella storia dell’umanità, portati a compimento il 6 e il 9 agosto 1945 contro le cittadine di Hiroshima e Nagasaki, che lasciarono dietro di sé tra 100.000 e 200.000 vittime e danni ambientali incalcolabili…

 

hiroshima_afterbombNon mi sento di dare completamente la colpa a chi ha tradotto male la reazione del premier Suzuki alle domande dei reporter, ma nemmeno la maggior parte. Penso invece che questa vada attribuita a lui stesso: la scelta di una parola così ambigua (nella sua lingua madre per altro, non in una a lui poco familiare) invece di una chiara e limpida dichiarazione del tipo ‘non abbiamo ancora preso una decisione’ è costata la vita a migliaia di cittadini giapponesi e cambiato per sempre la storia del Giappone e del mondo intero.

(per approfondire, sul sito del NSA potete leggere Mokusatsu: One Word, Two Lessons‘ che analizza, oltre alla vicenda giapponese, le difficoltà nell’attività di traduzione derivanti da differenze culturali e sociali)

Il più grande bluff della Seconda Guerra Mondiale

Al momento dell’entrata in guerra contro lo strapotere del Reich, gli USA promisero di fornire a Stalin un secondo fronte con cui impegnare la Wehrmacht tedesca, che dal 1941 si era riversata esclusivamente contro la potenza sovietica, vista la resa della Francia e il ritiro dell’Inghilterra dal continente. Le discussioni fra gli Alleati furono lunghe e macchinose, rischiando di far crollare la Russia sotto gli attacchi delle truppe naziste e rimandando l’apertura del fronte fino al 1944 (nonostante se ne discutesse già fin da luglio 1941) col famoso Sbarco in Normandia. Mai nella storia della guerra si era presentata una sfida tanto impensabile: abbattere dal mare la fortezza nazista in Europa. E mai la segretezza e la sorpresa erano state così essenziali: se Hitler avesse anche solo sospettato la locazione esatta dello sbarco vi avrebbe inviato la maggior parte del suo esercito, invalidando così l’offensiva alleata. Era quindi fondamentale celare accuratamente le vere intenzioni al Fuhrer e alla sua Wehrmacht, un compito per il quale gli inglesi si erano già dimostrati pienamente qualificati per lo sbarco in Sicilia. “In guerra”, osservò una volta Churchill, “la verità è talmente preziosa che dovrebbe sempre essere scortata da una guardia del corpo di bugie”. Da questo suo commento venne tratto il nome in codice relativo a tutte le attività di copertura del 1944 che accompagnarono l’invasione, “Operazione Bodyguard” (guardia del corpo, appunto). Essa si divise in più operazioni, tra cui la più importante fu senza dubbio la Fortitude, che si occupava proprio di sviare i Tedeschi dal reale punto di sbarco degli Alleati: Fortitude North aveva il compito di indirizzare i Tedeschi verso la Norvegia, mentre il reale capolavoro dell’intelligence inglese fu Fortitude South.

A leggere ore quella pagina di storia ci si chiede come i tedeschi possano non aver sospettato di nulla, ed è per questo che si può definire l’operazione Fortitude come la più importante opera di dissimulazione di tutta la seconda guerra mondiale. Furono trasmessi messaggi radio ingannevoli destinati ad essere intercettati dal nemico, spie tedesche vennero costrette al doppio gioco oppure sfruttate inconsapevolmente per fornire agli uomini del Reich informazioni errate, e tutto questo fu possibile grazie alla decrittazione fin dagli inizi della guerra del codice Enigma tedesco da parte degli agenti segreti inglesi, arma che si rivelò importantissima nel proseguo del conflitto.

La spina dorsale dell’Operazione Fortitude South fu l’allestimento del FUSAG (First United States Army Group), un massiccio concentramento di cinquanta divisioni e un milione di uomini nel sud est dell’Inghilterra la cui organizzazione venne denominata Operazione Quicksilver. Un gigantesco esercito che doveva servire agli Alleati per portare l’attacco sulle coste di Calais…. o un gigantesco set cinematografico da premio Oscar. Già perché il FUSAG, semplicemente, non esisteva.

A che scopo inventare un esercito e sprecare energie utili per non farsi scoprire dal nemico quando era così pressante la necessità di aprire il secondo fronte? Gli Alleati ritennero che l’unico modo per ingannare il Fuhrer fosse di confermare le sue convinzioni (errate) sulle intenzioni belliche dei suoi avversari… e perciò girarono un gigantesco film che avrebbe dovuto tenere impegnati i tedeschi, proprio il film che Hitler voleva vedere. Egli era infatti profondamente convinto che il centro dell’offensiva alleata sarebbe stato proprio il Pas de Calais (spiagge migliori per uno sbarco, più vicino alle coste inglesi e alla Germania stessa) e manteneva sul posto una delle sue divisioni più forti, la 15° armata di von Salmuth. Intenzione degli Alleati era che la lasciasse lì dov’era, mentre loro attaccavano la Normandia.

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Dare l’impressione dal cielo (unico punto da cui i tedeschi potessero vederli) che si stesse radunando una potente armata non era semplice. Fiumi e laghi nella regione furono riempiti di navi realizzate con ponteggi tubolari e tela, e fatte galleggiare su bidoni vuoti, con macchie d’olio nell’acqua e fumo che usciva dai fumaioli delle ‘navi’ a rendere più efficace l’illusione. Le altre strutture comprendevano depositi di munizioni, cucine da campo, ospedali, piste d’atterraggio, carri armati gonfiabili sparsi nei campi con annessi solchi dei cingoli, addirittura una falsa stazione petrolifera che sarebbe dovuta servire per rifornire le forze d’invasione nel Pas de Calais tramite un oleodotto sotto la manica. L’impianto occupava circa cinque chilometri di litorale, ed era costruito interamente con ponteggi, trucioli di legno compressi e vecchie tubazioni fognarie: macchine azionate del vento che sollevavano nugoli di polvere simulavano la costruzione che procedeva a ritmo serrato per rientrare nei tempi, re Giorgio VI venne a ispezionare la struttura e i caccia della Royal Air Force si libravano in volo nell’area come a difesa della postazione, ma in realtà ben poche persone lavoravano al progetto. Quando i caccia tedeschi riuscirono ad attaccare la raffineria (ovviamente contrastati dai caccia inglesi), enormi fuochi ai vapori di sodio vennero accesi per simulare i colpi andati a segno.

ghost_army1Non solo l’apparente attività militare, ma anche la vita civile doveva essere adattata alla presenza di un tale esercito in una regione del paese: numerosi rumori via radio vennero inviati nell’etere per simulare le manovre di un grosso concentramento di truppe, mentre i giornali si offrirono di pubblicare falsi articoli che descrivevano la vita intorno alla base militare. Uno di essi riportava l’indignazione di un parroco locale furibondo per il collasso morale che accompagnava il gran numero di soldati stranieri nell’area, e un altro riportava dell’ ”enorme quantità di contraccettivi di gomma” trovati presso gli accampamenti degli americani.

Purtroppo il ruolo dei civili nell’operazione non fu così indolore. Benché non vi siano prove decisive di questo fatto, alcuni storici ritengono che Churchill nel 1940, pur conoscendo dalle decrittazioni di Enigma l’imminente bombardamento di Coventry da parte dei tedeschi, non volle darne notizia alla popolazione per non far sospettare al nemico che le sue linee di comunicazione fossero diventate insicure. Coventry venne letteralmente sacrificata per la causa degli Alleati.

Per dare maggiore credito al bluff il generale Patton venne posto a capo dell’armata fantasma.

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George Patton

Egli non era certo felice di guidare un esercito che non esisteva, ma la mossa si rivelò azzeccata, poiché i tedeschi lo conoscevano e lo rispettavano e ciò contribuì a dare ai loro occhi importanza al FUSAG.

I tedeschi erano ansiosi di scoprire da sé il luogo dello sbarco ed avevano un’estesa rete di agenti che operava nell’Inghilterra meridionale, circa una cinquantina. Sfortunatamente per loro, vennero tutti catturati tramite al lavoro del MI5 (controspionaggio inglese), e alcuni di essi diventarono addirittura agenti al servizio degli inglesi: essi iniziarono perciò a trasmettere messaggi fuorvianti ai loro ex datori di lavoro, e la loro credibilità venne tenuta alta dagli inglesi che li inviavano a compiere attentati in edifici vuoti. Ciliegina sulla torta fu anche l’aiuto involontario di un importante ufficiale tedesco, il pluridecorato generale Hans Cramer. Egli, fatto prigioniero in Tunisia, era in precarie condizioni di salute e doveva essere rimandato in Germania nell’ambito di un programma di rimpatrio organizzato dalla Croce Rossa svedese. Prima di partire si decise di sfruttare la sua posizione a favore dell’Operazione Quicksilver. Nel tragitto dal campo di prigionia nel Galles fino a Londra venne fatto passare attraverso un’area dove si stava costruendo un enorme numero di mezzi corazzati, navi e aerei. Gli venne detto che si trattava del FUSAG, benché ciò che egli vedeva fossero i veri preparativi per l’invasione in Normandia, in corso in un’altra zona del Paese. Cramer non aveva modo di sapere dove si trovasse poiché in Gran Bretagna tutte le indicazioni stradali erano state rimosse all’inizio della guerra. Egli da soldato fedele riferì però tutto ciò che aveva visto ai suoi superiori, fornendo così una gigantesca prova di veridicità alla messinscena.

Il 6 giugno 1944, chiamato in codice D-Day, la più grande forza d’invasione mai messa insieme attaccò la Normandia.

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Nonostante la violenza dei combattimenti e la perdita di molte vite umane, gli Alleati riuscirono a stabilire una testa di ponte sul continente. Per conservarla, però, era necessario mantenere la finzione del FUSAG. Hitler doveva continuare a credere che questa immaginaria minaccia fosse reale, altrimenti avrebbe mandato le divisioni di Calais in Normandia, con conseguenze devastanti. Dopo aver informato la Camera dei Comuni che il D-Day era cominciato, Churchill accennò al fatto che presto sarebbe seguita una nuova offensiva contro la Francia. Furono simulate tutte le attività che avevano preceduto l’invasione della Normandia. Uomini dei corpi speciali paracadutati a Calais, bombardamenti mirati nei punti di sbarco, luci notturne che indicavano l’imbarco in corso, aumentato traffico radio tra truppe di mare e di aria. Molti degli agenti tedeschi controllati dagli Alleati inviarono falsi messaggi ai loro superiori. Uno di essi, nome in codice Brutus, riferì di aver visto «con i miei occhi che il gruppo di armate Patton si prepara a imbarcarsi nei porti sulla costa orientale e meridionale». Inoltre, Brutus affermò di aver sentito il generale Patton dire: «Ora che la diversione in Normandia sta funzionando così bene, è venuto il momento di iniziare le operazioni intorno a Calais».

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Joan Pujol Garcia

Un altro agente, chiamato Garbo, descrisse in dettaglio ai suoi mandanti nazisti le operazioni di concentramento di truppe e mezzi, concludendo: «Trasmetto questo messaggio con la convinzione che l’attacco in corso [in Normandia] sia un tranello messo in atto allo scopo di indurci a riposizionare strategicamente tutte le nostre risorse, cosa che in seguito ci pentiremmo di aver fatto». Rommel e i suoi generali chiedevano nel frattempo in ginocchio a Hitler di spostare le truppe di Calais in Normandia dove i nazisti stavano soccombendo, anche grazie alla divisione interna dei generali del Reich (Rommel avrebbe voluto porre i panzer a ridosso delle coste per difendere le spiagge, mossa che avrebbe sicuramente complicato la vita ai potenziali invasori, ma i suoi colleghi temevano il bombardamento e la loro distruzione: Hitler finì la disputa dividendo le truppe a disposizione, dimostrando poco polso in una situazione difficile). Il Fuhrer non ne volle sapere. Le truppe migliori del Reich continuarono ad attendere un’armata fantasma, mentre in Normandia gli Alleati si facevano strada. “Il nemico“, scrisse il generale Omar Bradley. “cadde nelle nostre mani, vittima del più grande bluff di tutta la guerra.”