Tacciare il malcontento popolare come semplice ignoranza rischia di minare le basi della democrazia

Foto Roberto Monaldo / LaPresse11-12-2016 RomaPoliticaQuirinale - Paolo Gentiloni è il Presidente del Consiglio incaricatoNella foto Paolo GentiloniPhoto Roberto Monaldo / LaPresse11-12-2016 Rome (Italy)Quirinale palace - Paolo Gentiloni is the the Prime Minister appointedIn the photo Paolo Gentiloni

Negli ultimi giorni, dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre e la bocciatura della riforma proposta dal governo Renzi, un enorme polverone si è sollevato attorno alla nomina a Presidente del Consiglio di Paolo Gentiloni, ex ministro degli esteri del governo dimissionario. Almeno due dei maggiori partiti, infatti, ovvero Movimento 5 Stelle e Lega, sarebbero voluti andare immediatamente alle urne, e il terzo governo in carica non nominato in seguito ad una consultazione elettorale ha ulteriormente acceso gli animi, perché da molti considerato “illegittimo” e “non eletto”.

Per quale motivo accade questo?

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Chi inventò la ghigliottina?

ghigliottinaLa ghigliottina è una famosa macchina per la decapitazione di persone condannate alla pena capitale, il cui utilizzo è storicamente legato alla Rivoluzione Francese e al periodo del Terrore che ne seguì.

E’ conoscenza diffusa che la paternità della macchina stessa sia da attribuire a Joseph-Ignace Guillotin, medico francese che visse in tale periodo, ma questo non è esatto: Guillotin diede solo il nome alla macchina, che già in precedenza esisteva. Continua a leggere

“Se non hanno pane, che mangino brioches!”

Dicono che Maria Antonietta, regina di Francia tra 1774 e 1792, informata della carenza di pane a Parigi, abbia pronunciato queste parole in risposta al messaggero.

S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche”

Potremmo quasi dire che l’immagine di Maria Antonietta sia stata tramandata nei secoli a venire basando il giudizio su di lei su questa frase sprezzante nei confronti dei suoi sudditi.

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Figlia di Maria Teresa d’Austria e di Francesco Stefano di Lorena, già dalla nascita possedeva il titolo di Arciduchessa d’Austria. Per suggellare l’alleanza tra l’Austria e la Francia contro la Prussia e l’Inghilterra divenne la quattordicenne sposa del futuro Luigi XVI. Trasferitasi a corte, nella reggia di Versailles, per sopperire alla solitudine, alla noia e a un matrimonio deludente e tormentato, cominciò a vivere nelle frivolezze, dedicandosi a costosi diversivi.

La leggerezza del suo carattere e le ingerenze negli intrighi di corte le inimicarono molte delle grandi famiglie dell’antica nobiltà, che diedero il loro contributo nel diffondere maldicenze sulla regina, definita con sprezzo l’Austriaca. L’immagine di «donna frivola, irresponsabile, assetata di lusso e dissipatrice» non le si staccherà di dosso nemmeno nell’età adulta, quando iniziò a mostrare più senso di responsabilità e di riflessione e cercò anche, durante la Rivoluzione, di salvare la monarchia assoluta tramite contatti con gli aristocratici emigrati e anche con alcuni nobili liberali, come Mirabeau (futuro presidente dell’Assemblea Nazionale) e Barnave, i quali divennero disertori agli occhi del popolo quando la loro corrispondenza segreta con la regina venne scoperta nel 1792 (le spoglie di Mirabeau, morto nel ’91, furono tolte dal Pantheon e gettate nelle fogne di Parigi, mentre Barnave venne condannato a morte e ghigliottinato l’anno successivo). In rari casi la sua immagine venne associata a una figura più umile, e criticata lo stesso (paradossalmente) a tal proposito, come quando volle costruire un piccolo villaggio di dodici casette (nove delle quali ancora in piedi) nel parco di Versailles, sulla base di un quadro del pittore Hubert Robertchiamato Le Hameau: fu giudicato scandaloso che una regina ricercasse la vita semplice sul modello del mito dell’Arcadia, poiché una vita simile non era consona al suo ruolo.

Ma torniamo alla fatidica frase… abbiamo introdotto l’articolo con ‘dicono’, e questo già lasciava presagire la prossima affermazione: il fatto, cioè, che Maria Antonietta quella frase non la pronunciò mai.

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Non erano proprio così…

Partiamo con ordine: intanto cos’era la ‘brioche’ all’epoca della Rivoluzione Francese? Secondo l’Oxford Companion to Food di Aland Davidson, “la brioche del Settecento era appena appena arricchita (da modeste quantità di burro e uova) e non molto diversa da una bella forma di pane bianco“. Una tale risposta perciò, sotto questa interpretazione, potrebbe anche essere visto come un tentativo di dimostrarsi gentili, con una frase del tipo “se vogliono mangiare del pane, almeno che lo ricevano buono”.

Ma non è certo questo a scagionare Maria Antonietta: in realtà la frase è sicuramente precedente, poiché nel Libro VI de Le confessioniJean Jacques Rousseau afferma che nel 1741 si trovava da Madame de Mably dove, di nascosto, era solito bere un vino d’Arbois che aveva il potere di stimolargli l’appetito e, non volendo entrare in panetteria vestito in maniera elegante poiché sarebbe stato considerato poco consono, racconta questo aneddoto:

Allora mi ricordai il suggerimento di una grande principessa a cui avevano detto che i contadini non avevano più pane e che rispose: che mangino delle brioches. Perciò mi comprai una brioche.”

Può la principessa a cui fa riferimento Rousseau essere stata Maria Antonietta? Certamente no. Ella infatti nacque nel 1755, e sarebbe giunta in Francia soltanto nel 1770.

Ciò che probabilmente accadde fu che i suoi detrattori in un secondo momento identificarono la principessa del brano con la regnante austriaca per delegittimarla agli occhi dell’opinione pubblica, che già la disprezzava.

Secondo la storica Antonia Fraser, la biografa più recente di Maria Antonietta, la «grande principessa» di cui parla Rousseau andrebbe identificata in Maria Teresa d’Austriainfanta di Spagna e moglie di Luigi XIV. Rimane comunque una schiera di gran dame settecentesche che potrebbero averla pronunciata; quel che è certo è che almeno una delle accuse che vennero portate alla moglie di Luigi XVI era totalmente infondata.

Come andò a finire purtroppo lo sappiamo tutti: Maria Antonietta venne arrestata, processata nel 1793 per alto tradimento e il 16 Ottobre (quasi 9 mesi dopo il marito) decapitata in Place de la Revolution mediante l’uso della ghigliottina, mentre il popolo parigino gridava “Viva la Repubblica”.

Quale fu l’utilità concreta della Presa della Bastiglia?

Tutti i libri di storia sono concordi nel vedere il 14 luglio 1789 come la data d’inizio della Rivoluzione Francese, il periodo di radicale sconvolgimento politico e ideologico che diede inizio all’era contemporanea. Cosa accadde in questa storica data? Chiunque interrogato saprà rispondervi: la presa della Bastiglia.

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Un evento di proporzioni storiche: il popolo francese in rivolta abbatte uno dei più grandi simboli del potere monarchico, spianando la strada verso la creazione di un nuovo ordine democratico. Lungi dai mezzi utilizzati e dagli eventi successivi che hanno in parte sconfessato questo nobile intento (vedi Il Terrore), quale fu l’utilità concreta di questo grande evento?

Ripercorriamo i fatti.

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Jacques Necker

3 giorni prima, l’11 luglio, il re rimosse dall’incarico Jacques Necker, il ministro delle Finanze, diventato una figura scomoda nell’ambiente politico e finanziario per le sue riforme sociali e strutturali (per altro, era la seconda volta che succedeva dopo la cacciata nel 1781: Necker aveva infatti una concezione attiva del ruolo dello Stato, di stampo colbertiano, e la convinzione che l’economia lasciata libera non potesse creare spontaneamente il bene dei cittadini, motivo per cui era inviso a buona parte dell’alta società).

Il giorno successivo, 12 luglio, la popolazione di Parigi, che versava in uno stato di profonda miseria e sull’orlo della carestia, venne a sapere dell’avvenuta destituzione di Necker e organizzò una grande manifestazione di protesta (Necker era ‘accusato’ dai quartieri alti di avere posizioni filo-popolari e perciò ben visto dai parigini), portando in processione dei busti dello stesso ex-ministro e di Luigi Filippo II di Borbone-Orléans, padre del futuro re dei Francesi (che i reazionari accuseranno in seguito di essere alla base di ogni sollevazione popolare del periodo), protesta che si protrasse anche il giorno successivo mentre le truppe mercenarie caricavano sul popolo: 40 delle 50 porte di Parigi vennero date alle fiamme e ogni edificio sospettato di essere un magazzino di provviste venne saccheggiato.

E arriviamo alla fatidica data del 14 luglio. I popolani decisero di assaltare l’Hotel des Invalides con l’obiettivo di procurarsi delle armi: riuscirono solo in parte nell’intento, perché riuscirono a impossessarsi di quasi ventottomila fucili, ma non trovarono polvere da sparo.

Che fare a questo punto? Dove procurarsela? Pierre-Auguste Hulin, soldato delle Gardes francaises, non ebbe dubbi: “Amici, siete buoni cittadini? Sì lo siete! Allora marciamo verso la Bastiglia.”

Sì, ma cos’era la Bastiglia? La prigione che sorgeva nel centro di Parigi venne eretta inizialmente come fortezza difensiva tra 1367 e 1382 da Carlo V di Francia, e venne adibita ad uso carcerario solo sotto Richelieu nel XVII secolo: all’epoca della Rivoluzione era però divenuto inutile e costosissimo il mantenimento della grande struttura, e la stessa monarchia francese ne aveva deciso la demolizione nel 1784; gli elevati costi di smantellamento avevano spinto Luigi XVI a rimandare l’intervento, per poi disporre che venisse messo in atto, ironia della sorte, 36 giorni prima che venisse assaltata. La difesa di una struttura già destinata ad essere distrutta era perciò affidata a un reggimento di soli 82 invalides, ovvero soldati congedati per invalidità dal servizio regolare, e 32 Guardie Svizzere. A dirigere la prigione vi era Bernard-René Jordan de Launay

Il direttore Launay

Il direttore Launay

Torniamo al 14 luglio: una folla sempre maggiore si stava accalcando di fronte alla Bastiglia, e nonostante vi fossero comunque le forze sufficienti a respingere l’attacco, Launay tentò di parlamentare con gli insorti, ricevendo anche alcuni loro rappresentanti all’interno della struttura: mentre ciò accadeva però due dei rivoltosi, dopo essersi arrampicati, riuscirono a rompere le catene del ponte levatoio, e la folla si riversò all’interno della fortezza. Fu un bagno di sangue: morirono un centinaio di persone, tra cui lo stesso direttore, la cui testa venne infilzata su un palo e portata come trofeo in giro per Parigi, destino che condivise con la guarnigione di Guardie Svizzere.

Un simbolo dell’oppressione monarchica era stato abbattuto. Già, ma chi era ‘ospite’ della prigione al momento dell’attacco? Leader di correnti politiche avverse a Luigi XVI? Rivoltosi incorruttibili? Letterati avversi al regime? E qual’era la loro situazione? Torture? Pessime condizioni igieniche? Nulla di tutto questo.

Al momento dell’assalto la struttura ospitava ben 7 prigionieri: Jean Bechade, Jean de La Correge, Bernard Laroche de Beausablon, Jean-Antoine Pujade, Jacques-François-Xavier de Whyte (Conte di Malleville), Claude-Auguste Tavernier e Charles de Carmaux (Conte di Solanges). Di questi, 4 erano falsari, uno, il conte di Solanges, era dentro per ‘cattiva condotta sessuale’, e gli altri due perché pazzi (uno dei quali, Whyte, sfoggiava un barbone lungo fino al petto e si credeva Giulio Cesare).

Nè il numero nè il motivo della carcerazione paiono rilevanti, e nemmeno il trattamento era disumano: ovviamente era migliore per i nobili, ma vi sono numerose fonti che testimoniano che le condizioni fossero piuttosto confortevoli per tutti i detenuti, con orari di visita elastici e alloggi arredati. Un’opera del pittore Jean Fragonard ritrae un giorno di visita nel 1785: alcune dame elegantemente vestite passeggiano per il cortile insieme ai prigionieri, a cui erano concessi una generosa indennità per le piccole spese, un bel po’ di tabacco, di alcool, il permesso di tenere animali domestici. Jean-Francois Marmontel, detenuto dal 1759 al 1760, scrisse: “Il vino non era eccellente, ma comunque passabile. Niente dolce: si doveva pur venire privati di qualcosa. Nel complesso, ho trovato che in prigione si mangiava benissimo.”

Il dipinto di Fragonard che ritrae il cortile interno della Bastiglia

Il dipinto di Fragonard che ritrae il cortile interno della Bastiglia

A chi si deve allora l’opinione di un avamposto del terrore monarchico? Poco tempo dopo l’assalto iniziarono a circolare per le vie di Parigi stampe che ritraevano i prigionieri languire in catene tra uno scheletro e l’altro: non ne conosciamo l’autore, ma probabilmente è così che si formò l’opinione popolare delle condizioni all’interno della prigione.

Il processo di revisione storica continuò quando i rivoltosi si resero conto che nessuno dei sette prigionieri era stata imprigionato per motivi politici, e si ‘sentì il bisogno’ di inventare un prigioniero più rappresentativo al fine di rendere l’avvenuta liberazione più mirabile agli occhi dell’opinione pubblica. Sfruttando l’imponente barba bianca del già citato Whyte, ci si inventò la figura fittizia del Conte di Lorges (nobile realmente esistito circa un secolo prima e incarcerato nella Bastiglia per aver assassinato un prete).

Se indaghiamo un po’, scopriamo anche che all’epoca all’evento non venne subito data l’importanza con cui noi lo classifichiamo oggi: l’attacco venne infatti considerato alla stregua di uno dei molti tumulti allora frequenti a Parigi. Lo stesso Luigi XVI sul suo diario annotò ‘rien‘, e si riferiva per altro alla battuta di caccia.

Subito dopo, il 15 luglio, venne costituita la Guardia Nazionale, e il giorno seguente il re alle insistenti notizie di rivolte si rese conto che la situazione stava degenerando, e riprese Necker come Ministro delle Finanze. Ormai però era troppo tardi.